L’IMPATTO DELL’INFLAZIONE SUL TFR
Gli anni precedenti al 2021 sono stati caratterizzati da bassi tassi di inflazione e di interesse, tendenza che non si è più avvertita nel corso del 2021, in quanto il costo della vita ha segnato incrementi a cui non si era più abituati da tempo.
È interessante verificare come tale situazione impatti sull’istituto del trattamento di fine rapporto (TFR), in particolar modo sugli accantonamenti presenti nelle aziende.
QUADRO NORMATIVO
Tuttavia, è doveroso effettuare prima una brevissima premessa normativa considerando l'articolo 2120 del Codice Civile, ai commi 4 e 5:
- “4. Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.”;
- “5. Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.”.
CONSIDERAZIONI
Se ne deduce che il TFR in azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, si rivaluta di almeno l’1,5% nel caso in cui l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie, accertato dall’ISTAT, rimanga immutato o sia negativo nel periodo annuale: di conseguenza, il TFR non resta mai “fermo”.
Negli ultimi 10 anni questo caso (rivalutazione minima all’1,5%) si è verificato per tre volte: nel 2014, 2015 e 2020; sempre nello stesso periodo, il coefficiente di rivalutazione è rimasto comunque inferiore al 2% negli anni 2013, 2016 e 2019.
L’anno 2021 si è caratterizzato come periodo nel quale l’inflazione ha rialzato la testa: l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie accertato dall’ISTAT è stato del 3,81%.
Conseguentemente, il tasso al mese di dicembre 2021 per la rivalutazione dei trattamenti di fine rapporto (TFR) accantonati al 31 dicembre 2020 ha raggiunto la misura del 4,359238%, valore record più alto dal 1995.
Cos’è accaduto quindi al 31.12.2021 sul TFR accantonato in azienda?
Facciamo un semplice esempio: consideriamo una piccola azienda metalmeccanica con un solo dipendente, il quale ha un TFR accantonato per € 50.000,00 al 31.12.2020 e uno stipendio annuo lordo del 2021 pari a € 24.000.
Semplificando abbiamo che nel corso del 2021:
- il TFR maturato è stato di € 24.000/13,5 = € 1.777,77;
- la rivalutazione del TFR accantonato al 31.12.2020 è stata di € 50.000 x 4,359238% = € 2.179,61;
- complessivamente il TFR accantonato è cresciuto di oltre € 3.957,00, quota che rappresenta l’Accantonamento del TFR dell’anno e quindi voce di Costo in Conto Economico.
CONCLUSIONI
Se analizziamo la rivalutazione dell’esempio sopra riportato, € 2.179,61 euro, in un’ottica di contabilità industriale ci si rende conto come essa rappresenti un impatto incrementativo sul costo orario del lavoro di circa € 1,36 l’ora lavorata, generando quindi un maggior costo per l’imprenditore.
L’anno 2021 sembra non essere, almeno per adesso un caso isolato: infatti, il 2022 si è già presentato con una proiezione di inflazione ancor peggiorenei primi due mesi dell’anno, tanto che l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie, accertato dall’ISTAT per il bimestre, è stato del 2,44%. Tale indice determina un coefficiente di rivalutazione del TFR accantonato al 31/12/2021 del 2,086158% nel caso in cui si dovesse corrispondere ai lavoratori, il cui rapporto è cessato nel periodo 15 febbraio 2022 - 14 marzo 2022.
È quindi evidente che, sebbene da più parti l’attuale innalzamento dell’inflazione è visto come fenomeno di breve durata, ogni datore di lavoro dovrebbe adottare una corretta gestione della liquidità aziendale: parcheggiare il TFR dei propri dipendenti in cassa, infatti, può costare caro!
A cura di: Marco D'Orsogna Bucci, Dottore Commercialista del Lavoro e Revisore Legale
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