L’ACCERTAMENTO TRIBUTARIO: CONCETTI INTRODUTTIVI
L’Agenzia delle entrate, quando dal controllo sulla posizione economica del contribuente rileva la presenza di elementi indicatori di capacità contributiva incongruenti con i redditi personali dallo stesso dichiarati, procede ad accertamento.
LA DISCIPLINA DEGLI ACCESSI: ISPEZIONI E VERIFICHE
Per effettuare un’ispezione presso un domicilio è necessaria una procura ispettiva per fatti rilevanti, altrimenti l’art. 14 della Costituzione ne sancisce l’inviolabilità.
A differenza del domicilio, per accedere a qualsiasi locale industriale o commerciale non è necessario avere una procura ispettiva, tuttavia devono essere riscontrate effettive esigenze d’indagine: indagine che può avvenire negli orari di lavoro, ovvero ordinari d’esercizio, recando il minor disturbo all’attività lavorativa, fatto salvo che non vi siano casi di necessità urgente.
In sede d’ispezione i funzionari redigono il verbale giornaliero di verifica: l’esito si conclude con il processo verbale di constatazione, PVC, contenente i rilievi e le violazioni individuate dai verificatori e viene trasmesso all’ufficio competente in materia di contezioso.
NOTIFICA E TEMPISTICHE DELL’AVVISO DI ACCERTAMENTO
La notifica dell’avviso di accertamento presenta un iter complesso con stringenti tempistiche e requisiti procedurali formali, è disciplinato dal DPR 600/73, “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, e dal Codice di Procedura Civile.
L’ufficio competente in materia di contenzioso invia il PVC al contribuente: quest’ultimo entro 60 giorni dalla notifica può emettere la propria memoria, alla quale seguirà l’avviso di accertamento che dovrà tenervi conto, adducendo all’occorrenza motivazioni rafforzate.
Entro 60 giorni il contribuente può fare ricorso impugnando l’atto (90 giorni se è relativo ad istanza di rimborso): effettuata tale scelta, ha 30 giorni di tempo per depositare il ricorso presso una Commissione Tributaria Provinciale, CTP, rendendolo ammissibile; a sua volta, l’Amministrazione Tributaria che figura come parte resistente ha 60 giorni di tempo per depositare le proprie contro deduzioni.
Nel caso in cui il contribuente invece di impugnare l’atto decidesse di produrre un reclamo, quest’ultimo dovrà essere presentato all’ufficio che ha emesso l’atto entro 60 giorni: il reclamo può contenere anche una proposta di mediazione ed è permesso per avvisi non superiori ad € 50.000, importo al netto di sanzioni e interessi; l’autorità tributaria può, a sua volta, entro 90 giorni accogliere il reclamo o riformulare una nuova proposta: scaduti tali termini senza risposta, il reclamo si trasforma automaticamente in ricorso ed entro 30 giorni il contribuente dovrà depositarlo e costituirsi in giudizio per renderlo ammissibile.
Concluso l’iter procedurale, l’udienza verrà ad essere convocata in Camera di Consiglio al termine di tali tempistiche: nel caso in cui venisse ad essere richiesta la forma pubblica, l’udienza dovrà essere convocata 10 giorni prima con apposita istanza.
Alla proclamazione della sentenza l’udienza darà un esito che passerà in giudicato: quanto detto finora riguarda il primo grado di giudizio al quale può esservi ricorso in secondo grado, ovvero in appello difronte alla Commissione Tributaria Regionale, CTR, entro 60 giorni dalla notifica della sentenza o 6 mesi dalla sua pubblicazione.
NATURA DELL’AVVISO DI ACCERTAMENTO
L’avviso di accertamento può essere notificato per le imposte sul reddito, l’IVA, la liquidazione in merito ad imposte indirette sui trasferimenti, l’imposta di registro, catastali e ipotecarie.
Ai fini della propria validità, la notifica deve formalmente contenere: l’indicazione del tributo e del quantum in denaro, l’ammontare degli interessi e delle sanzioni, le motivazioni che hanno indotto l’amministrazione tributaria all’invio spiegando in dettaglio le ragioni di fatto e di diritto che ne giustificano l’esistenza; inoltre, costituisce un’intimazione a pagare 1/3 della pretesa impositiva totale (imposte, interessi e sanzioni), ovvero risulta essere un titolo esecutivo.
Affinché sia valido, l’atto di accertamento deve essere notificato dall’ufficio tributario competente territorialmente, in base al domicilio fiscale del contribuente o al luogo di registrazione dell’atto: tutti gli atti che provengono da un ufficio che non rispecchia tali requisiti sono nulli. Se la notifica riguarda un atto per relationem, ovvero l’atto fa riferito ad un altro atto che non è noto al contribuente, l’atto è nullo se non ne riporta, anche parzialmente e senza inserire il testo integrale, il contenuto del precedente.
I TERMINI DI DECADENZA DELL’ATTIVITÀ DI ACCERTAMENTO
L’atto di accertamento non può essere emesso decorso il termine di decadenza previsto dalla legge: tale termine varia a seconda dell’imposta.
Attualmente per le imposte sul reddito e sull’IVA vigono i seguenti termini: entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata omessa, ovvero sarebbe stata dovuta presentare.
Un atto di accertamento emanato al di fuori dei suddetti termini è illegittimo, ma l’illegittimità deve essere eccepita dalla controparte ricevente, ovvero dal contribuente che ha di conseguenza l’onere della prova a proprio carico.
Costituiscono eccezione i redditi nei paradisi fiscali per i quali vige sempre la presunzione per la quale i capitali detenuti in tali paesi a fiscalità privilegiata siano prodotti mediante redditi sottratti a tassazione in Italia: ragione per cui l’onere della prova è, anche in questo caso ma per motivazioni differenti, gravante sul contribuente che dovrà quindi dimostrare il contrario.
Alla luce di quanto riportato, l’Agenzia potrà procedere entro il 31 dicembre del decimo anno rispetto a quello in cui è stata presentata la domanda ed entro il 31 dicembre del quattordicesimo anno in cui è stata omessa la dichiarazione.
Esistono altre tipologie di accertamento, quali ad esempio: per somme dovute a seguito di attività di liquidazione (decadenza 31 dicembre del terzo anno dalla scadenza del pagamento dell’ultima rata); imposta di registro (5 anni da quando sarebbe dovuta avvenire la registrazione); inadempimenti (31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata del piano di rateizzazione).
Non bisogna confondere decadenza e prescrizione: per prescrizione si intende la modalità di estinzione dei rapporti giuridici in quanto il diritto non è stato esercitato, entro un determinato periodo di tempo, in questo caso 10 anni in via ordinaria.
A cura di: Massimo Giardino, Dottore Commercialista e Revisore Legale
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