INTRODUZIONE GENERALE STRUMENTI DERIVATI
Una possibile voce delle immobilizzazioni finanziarie all’interno del bilancio d’esercizio può essere formata dagli strumenti finanziari derivati: in tal senso, a prescindere dalla più complessa corretta contabilizzazione e valutazione in bilancio, è opportuno innanzitutto fare chiarezza in merito alla natura degli stessi.
Un derivato è uno strumento finanziario il cui valore dipende e deriva da quello di un altro tipo di asset, denominato sottostante: possono costituire sottostanti di un contratto una varietà di asset, quali ad esempio azioni, valute, tassi di interesse, materie prime, strumenti di debito o parametri meno tradizionali, come energia elettrica, pagamenti assicurativi e condizioni meteorologiche.
I derivati vengono negoziati all’interno dei mercati regolamentati e nei mercati OTC, over-the-counter, dove i traders bancari o gestori di fondi e tesorieri aziendali si contattano tra loro direttamente, senza intermediari, al fine di effettuare la transazione: ovviamente, le negoziazioni sui mercati regolamentati sono in volume molto maggiore rispetto agli OTC, nel 2018 si contavano circa 700 trilioni di dollari di volume d’affari nei primi, rispetto a meno di 100 trilioni nei secondi.
FINALITÀ E IMPLICAZIONI
Gli strumenti derivati hanno una molteplicità di utilizzi, infatti, possono essere impiegati:
- come copertura dei rischi finanziari degli impegni assunti dalla società;
- a fini speculativi, considerando le previsioni effettuate sugli andamenti dei mercati;
- per bloccare profitti e perdite da arbitraggio;
- per cambiare la natura di una passività, da fix a float e viceversa;
- per gestire o eventualmente cambiare la natura di un investimento, senza incorrere nei costi di vendita dell’intero portafoglio o l’acquisto di un altro.
Tuttavia, se da un lato l’utilizzo degli strumenti derivati può essere positivo per via delle varie finalità, dall’altro lato è bene ricordare come siano strumenti molto rischiosi, per i quali è necessario operare con cautela e oculatezza, nonché un approfondito studio precedente. Un esempio in tal senso può essere fornito dal più grande fallimento della storia recente, ovvero quello della Lehman Brothers: l’istituto bancario ha attivamente negoziato sui mercati dei derivati OTC, trovandosi anche sotto questo aspetto in difficoltà finanziaria, avendo assunto rischi elevati e non essendo più in grado di far fronte a tali ingenti impegni a breve termine, arrivando così ad avere migliaia di transazioni in sospeso con all’incirca 8 mila controparti coinvolte. Nella successiva fase liquidatoria, far fronte a tali operazioni è stato oltremodo difficoltoso, sia per i liquidatori stessi della Lehman che per le controparti dell’istituto.
Per questo motivo e specialmente dopo la crisi finanziaria, è apparso fondamentale che all’interno di una società siano impostati dal risk management dei sistemi di controllo al fine di garantire che i negoziatori acquistino e vendano gli strumenti derivati esclusivamente in relazione agli obiettivi designati, dato che i traders, in base alla finalità d’acquisto o vendita, attuano delle modalità operative assai differenti tra loro.
PRINCIPALI TIPOLOGIE DI DERIVATI
Gli strumenti derivati più comuni sono i contratti futures, forwards, gli swap e le opzioni:
- i futures e forwards, conferiscono al contraente l’obbligo di acquistare o vendere il sottostante ad un determinato prezzo, in un dato momento prestabilito. La differenza tra le due tipologie risiede nel fatto che i futures sono scambiati sui mercati regolamentati e per questo sono standardizzati nelle varie postille contrattuali; inoltre, le posizioni nette sono liquidate giornalmente: la liquidazione avviene con il metodo dei margini giornalieri al fine di minimizzare il rischio di insolvenza, riducendo quindi la possibilità di una perdita a causa di un inadempimento; la chiusura della posizione sul contratto futures presuppone la stipulazione di un contratto di segno opposto. A differenza di quanto affermato finora, i contratti forwards sono negoziati privatamente e direttamente dalle controparti sui mercati OTC: per questo motivo non sono standardizzati, normalmente vengono regolati alla scadenza, generando quindi un rischio di credito maggiormente elevato;
- i contratti swap sono degli accordi privati tra due o più società stipulati al fine di scambiare i flussi di cassa futuri, secondo una formula predefinita. Gli swap più comuni sono quelli relativi allo scambio di flussi di cassa aventi la natura di interesse, calcolati sulla base di tassi di interesse predefiniti, come ad esempio il Libor o l’Euribor, o meno e di un capitale teorico di riferimento. La finalità di questi strumenti è quella di convertire il tasso di un’attività e/o una passività, da tasso fisso a variabile e viceversa; per quanto riguarda il rischio di credito dello swap, inizialmente ha un valore nullo che subisce un andamento positivo e negativo nel corso del tempo: la società ha un’esposizione creditizia solo quando il valore dello swap è positivo;
- le opzioni conferiscono al titolare il diritto, e non l’obbligo, di acquistare o vendere ad un determinato prezzo il sottostante, ad una data prestabilita. Le opzioni si dividono in opzioni call e put: le prime offrono la possibilità di acquistare un determinato asset entro una data certa per un prezzo stabilito, definito come prezzo d’esercizio, mentre le seconde offrono la possibilità di venderlo. Esiste un’ulteriore principale distinzione in merito alle opzioni: le opzioni europee possono essere esercitate solamente alla data di scadenza, quelle americane in qualsiasi momento, mentre quelle bermudiane esclusivamente in date specificate e pattuite. Per quanto riguarda le caratteristiche generali delle opzioni: le attività sottostanti possono essere azioni, valute estere, indici azionari e futures; inoltre, sono specificatamente contrattualizzate le date di scadenza, i prezzi d’esercizio e la tipologia delle stesse.
TERMINOLOGIA
In ultimo, si vuole presentare un quadro generale della terminologia tecnica di riferimento.
Quando viene effettuata una transazione, la controparte che ha il diritto di acquistare viene definita come “lunga sul sottostante” o avente una “posizione lunga”, long position, mentre quella che ha l’obbligo e/o il diritto di vendere viene definita come “corta sul sottostante” o avente una “posizione corta”, short position. Considerando la strutturazione del contratto vi sono due parametri fondamentali e principali da monitorare: il prezzo e la durata. Il prezzo è strettamente legato all’orizzonte temporale: si parla di prezzo forward, ovvero il prezzo a termine del contratto, come prezzo di consegna a scadenza applicabile al contraente del contratto, se fosse negoziato oggi; pertanto, tale prezzo a termine si differenzia in base alla durata dello stesso contratto. Invece, si parla di prezzo spot, come prezzo che un acquirente deve corrispondere in una transazione di un'attività finanziaria la cui consegna è immediata, ossia contestuale alla stipulazione del contratto.
Quando la posizione è lunga, il profitto si ha quando il prezzo reale del sottostante a scadenza è maggiore del prezzo forward alla consegna, stipulato al momento della pattuizione iniziale del contratto, viceversa si avrà una perdita quando sarà minore; invece, considerando una posizione corta, si registra un profitto quando il prezzo reale del sottostante a scadenza è minore del prezzo forward alla consegna, pattuito al momento iniziale della transazione, viceversa una perdita in caso contrario.
Per il contraente, si parla di derivato “at the money” quando il flusso di cassa è nullo, “in the money” quando il flusso di cassa è positivo, “out of the money” quando il flusso di cassa è negativo.
A cura di: Antonio Russo, Dottore Commercialista e Revisore Legale
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Per maggiori informazioni:
antoniorusso@valoreassociati.it
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